venerdì 11 ottobre 2019

La nerd-intervista: Tonio Vinci


Seconda intervista raccolta al TCBF. Stasera abbiamo l'autore del recente Noi , e prima ancora di Nonni e 'O Stablmend, Tonio Vinci!

- Ciao, Tonio. Partiamo dalla fine, parlami di questo Noi appena uscito per Oblò APS.

Tutte le mie storie, come spesso succede, non nascono dal niente ma nascono dalla realtà. E rubo da essa, cerco di vedere quello che accade nella realtà. Noi nasce da due cose fondamentali. La prima è una frase che ha pronunciato una volta Andrea Camilleri in un tono molto rabbioso, molto grintoso. Ed è la frase che poi è nel retro della copia di Noi, cioè “gli altri non sono altro che te stesso che ti guardi allo specchio”. Quindi ho pensato: se ci mettessimo noi al posto dell’altro? Altro che può essere chiunque, può essere un immigrato, può essere un emarginato, può essere qualunque cosa. Mettiamoci dall’altra parte. Perché io ho alcuni amici che sono immigrati africani, dopo averli conosciuti non sono più immigrati, ma sono Morgan, sono Silla, eccetera, con i loro difetti, con le loro cose positive, con le loro cose negative. Quindi ho cercato di sovvertire il tutto. A me piacciono tutti i paradossi, anche quando scrivo sulla realtà cerco di sovvertirla. Ho creato un Africa abitata solo esclusivamente da europei , però nella situazione africana. All’interno di tribù, all’interno di capanne, all’interno di condizioni economiche o anche di vita diverse. Però per renderli più vicini a noi ovviamente li ho disegnati europei, li ho disegnati così come siamo noi, quindi con i nostri vestiti, il trolley… E’ una specie di paradosso, non c’è una logica. E ho fatto fare a questo bambino di sette anni, assieme alla mamma, il viaggio che fanno gli africani per venire in Italia. Quindi accadono delle cose in Libia, accadono delle cose sui barconi. In maniera che tutti quelli che l'hanno letto hanno avuto una maggior empatia, cioè non hanno detto “è un altro soggetto, è un’altra persona” ma “sono io che sto facendo questa cosa, per la prima volta la vivo”. Poi io non avevo il finale. Il finale di Noi, senza ovviamente voler spoilerare, è qualcosa che io ho visto realmente a scuola di mio figlio. Io ho un figlio di sette anni, all’uscita di scuola ho visto che è accaduta questa cosa che ho messo nel finale, ovviamente al contrario rispetto a quella che è in Noi. Questo fumetto è anche molto importante per me da un punto di vista grafico, perché ho utilizzato in maniera molto emozionale i colori. Anche in “Nonni” avevo utilizzato i colori in maniera emozionale, cioè avevo utilizzato sempre la mia gamma di colori, di Pantoni, sui “grigioni”, sui “verdoni”, sui bluastri. Mi rifaccio molto come colorazione a Braccio di Ferro oppure a Lucky Luke, degli anni ’60, degli anni ’70. Però in Nonni ho utilizzato uno sfondo di uno strano blu per cercare di sottolinerare la differenza fra gli anziani e un altro mondo. In Noi ho usato tre colorazioni diverse. La prima è formata da una bicromia più il bianco, quindi un rosso e un giallo fortissimo che ricorda sia l’Africa ma voleva ricordare  in un certo senso anche la disperazione, perché non un è giallorosso sereno ma ho voluto un giallorosso che trasmettesse una certa intensità. Poi arrivati in Europa c’è una specie di azzurro e marrone, ma soprattutto l’azzurro crea non dico una serenità ma quantomeno una facilità di lettura.

- Quindi nel racconto ci sono gli africani in Europa.

Sì, infatti quello che gli “africani europei” dicono ai bianchi è proprio quello che noi a volte diciamo a loro. Io faccio in modo che “ci” venga detto quello che noi diciamo a loro. Tornando al cambio di colorazione, almeno nelle mie intenzioni voleva essere più sereno, cioè voleva dare la possibilità di “distendere” questa intensità che avevamo all’inizio. Come se “loro” fossero arrivati  e fossero in un certo senso più in salvo rispetto a prima. Poi c’è la scoperta di un’Europa che non è come gli africani si aspettavano e c’è un ulteriore cambio di colorazione, una specie di verde, una specie di rosso, che è una via di mezzo. Poi c’è un’altra cosa, di cui mi sono accorto dopo, nel senso che mi è uscita senza intenzioni. Ed è una canzone di Mirko e il Cane dove in realtà accade quasi quello che io ho disegnato, però me ne sono accorto dopo, evidentemente l’avevo metabolizzato.

- Spesso si è trattato il tema dell’immigrazione però con il paradosso della sparizione dei migranti, tu hai fatto una cosa più originale capovolgendo la situazione.

Infatti quello che mi viene spontaneo è sovvertire in una maniera (secondo me) del tutto inedita. Cioè il sovvertire in questa maniera non era mai accaduto.

- Anche Nonni è molto spiazzante, perché non ti aspetti dei vecchietti che fanno sesso!

Infatti in molte recensioni hanno scritto che all’inizio, nelle prime pagine, si stavano già preparando a cadere in una valle di lacrime, dopo invece non se l’aspettavano. Cioè il nesso fondamentale che vorrei mettere nei fumetti, però in maniera spontanea e non matematica, è il dramma e la comicità assieme. Perché secondo me se metti il dramma e la comicità e li mescoli nasce un tipo di storia che è sempre attuale. Perché il dramma c’è sempre stato e la comicità c’è sempre stata. Ti faccio un esempio su Nonni: sembra che adesso i nonni e le persone anziane abbiano sdoganato questa cosa del sesso, quindi in certo senso hanno quasi sottolineato il diritto di poter avere una vita sessuale. Però questa cosa dal punto vista fisiologico biologico c’è sempre stata. Anche negli anni’50, negli ’60, quando uno era in buona salute, faceva normalmente l’amore. Il tabù era parlarne, è un tabù che resiste anche adesso e quindi ho cercato di sovvertire anche questo.

- Come realizzi tecnicamente i tuoi lavori?

Li faccio con vari strumenti. Io sono un “nerd” degli strumenti, cioè mi piace tantissimo utilizzarne vari tipi. Quello che utilizzo principalmente è un pennarello particolare, della Pelikan, che ha una punta che simula il pennino. Ha un segno che è comunque molto spigoloso, non è spennellato però è più veloce rispetto al pennino, quindi uso quello. Ad esempio Noi l’ho fatto tutto con il pennino, adesso sto facendo una storia che ho disegnato col pennello. Cioè mi piace molto farlo con dei materiali veri, reali e poi li coloro con Photoshop. Ho praticamente una tavolozza di colori che mi sono creato per cercare di identificare il mio stile con i colori. Sembro anche monotono a volte ma non lo cambio perché mi piace proprio quella tipologia. Anche ‘O Stablmend ha la stessa tavolozza di colori. I colori devono essere intensi, devono essere quasi “comici”, però il personaggio grottesco deve veicolare anche delle cose dure a volte, pesanti. La cosa che mi è piaciuta di Noi è che io ho avuto la possibilità di farne 50 copie. Di queste, la prima copia che ho venduto, allo Zapp Festival (un festival indie di Pescara) l’ho venduta ad una ragazza piena di tatuaggi e con orecchini ovunque. Dopo un quarto d’ora è tornata, e piangeva, e io non ci potevo credere. Uno cerca di metterci sempre del sentimento, però quando la cosa ti ritorna in una maniera così intensa, rimani quasi stupito.

- I tuoi prossimi progetti?

Ne ho parecchi, però di tanti non ne posso ancora parlare. Uno è una biografia di cui non posso ancora dire nulla, poi sto facendo un libro con uno youtuber, perché volevo misurarmi con una cosa scritta da qualcun altro. Poi un altro fumetto che riguarda la biografia di un artista, di un pittore, ma ne stiamo ancora discutendo. Poi un progetto completamente indie per Just Indie Comics su un barbone. L’ultimo progetto ha a che fare con un libro con la Scuola Nazionale di Comics, un libro fantastico, diciamo così.

2 commenti:

  1. Lavori interessanti e concepiti per far riflettere. Complimenti all'autore e auguri per i progetti futuri :-)

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